Che lo si chiami “brain training” o – nella variante italiana – “fisioterapia della mente”, la sostanza non cambia: se opportunamente stimolato, il cervello umano può aumentare o rigenerare le proprie capacità cognitive. Merito dei fattori di crescita neuronale, proteine che gli conferiscono la stessa plasticità di ogni altro tessuto nervoso: una scoperta figlia degli studi di Rita Levi Montalcini, che ha aperto nuove strade nella prevenzione e nel contrasto dei danni cerebrali legati all’avanzare dell’età o a malattie degenerative come l’Alzheimer.
In altre parole, con il giusto allenamento il nostro cervello può espandersi e rigenerarsi esattamente come accade ai muscoli del corpo con lo sport: ma se leggere, frequentare altre persone e coltivare un hobby può essere sufficiente per una mente giovane, di fronte all’avanzare dell’età o a funzioni cognitive compromesse c’è bisogno di un esercizio intensivo.
Proprio per questo nascono i software di brain training, programmi per computer strutturati alla stregua di veri e propri videogiochi, il cui fine è conservare le capacità cerebrali, prevenendone il decadimento. Un ottimo esempio, in questo senso, arriva dal Politecnico di Torino, dove una start up guidata dal neurologo Giancarlo Bertoldi ha messo a punto Brainer, un software già utilizzato con successo su anziani e malati di Alzheimer, che a breve verrà sperimentato anche sui ragazzi affetti da disturbi dello spettro autistico.
Il principio in base al quale opera il programma è presto detto: “Nel cervello umano – spiega Barbagallo – nascono ogni giorno un milione di neuroni, che però muoiono altrettanto velocemente se non vengono attivati con dei collegamenti sinaptici. Patologie come l’Alzheimer rendono questo processo più difficoltoso, ma è comunque possibile sollecitarlo con la stimolazione cognitiva: proprio per questo sono stati studiati gli esercizi contenuti nel programma”. Finora, Brainer è stato utilizzato soprattutto sui cosiddetti pazienti Mci, ovvero a danneggiamento cognitivo medio: “generalmente – continua il manager – si tratta di anziani al primo stadio di demenza senile, o colpiti da afasia, Parkinson o Alzheimer.
Lo staff medico dell’azienda afferma di aver registrato un miglioramento cognitivo del 27 per cento su un orizzonte di quattro mesi: “in altre parole – spiega Barbagallo – in quell’arco di tempo i pazienti si dimostrano più attenti, riescono a stabilire dei collegamenti che non riuscivano a fare, e c’è un forte abbassamento dell’apatia e un incremento della qualità dell’umore”.
FONTE: http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/466260/Un-software-contro-l-Alzheimer-Brainer-stimola-la-mente